Ciao car* teleleggitor*, stai leggendo anneddoti, la newsletter che esce quando ha voglia soprattutto adesso che fa più freddo e che ti parla di vita digitale e altre cose selezionate dalla tua sconosciuta del web preferita, ossia io. Oggi ti parlo di un altro caso di clickbaiting, e volevo riflettere insieme a te e tutt* su come si combattono questi fenomeni.
Com’è difficile combattere delle battaglie sul web.
Tra l’altro mica le puoi davvero chiamare battaglie: l’immaginario per quella parola è ben preciso, coinvolge archi, spade, armature o ancora divise, soldati, truppe, trincee, armi varie ed eventuali. Pensieri frutto di studio o cinema e TV. Questa parola però la usiamo anche per indicare una lotta contro qualcosa per uno specifico obiettivo, nella vita di tutti i giorni. Non so come vi immaginate quando la usate, ma io mi visualizzo con l’elmo in testa e su di un cavallo bianco. Per questo quando penso alla frase “combattere le battaglie sul web” mi fa un po’ tenerezza vedere che alla fine sono un mucchio di commenti o segnalazioni che spesso non ottengono l’effetto desiderato. Roba invisibile, altro che sigla di Xena Principessa Guerriera.
E se le battaglie, quindi, non hanno quella forma e si ha un’alta probabilità di fallimento, significa che è inutile combatterle? Se dovessi rispondere da stratega digitale risponderei sì, perché non porterebbe risultati. Ma da utente del web e persona, dico no. Ma voi giustamente arrivat* a una ventina di righe starete pensando ma che vuole di’ questa?
L’inizio di questa newsletter nasce da una sorta di rassegnazione alle contraddizioni del web: se ne parli dai visibilità, se ne parli sei parte del problema, se non ne parli non fai nulla, se non ne parli dai semplicemente più spazio a parole e atteggiamenti che ritieni problematici. Quindi cosa si fa in questi casi? Non c’è una risposta precisa o vera in modo assoluto. C’è un sentire. E io sento di dover usare il mio spazio per invitarvi a riflettere con me, come sempre, su una pratica del web che trovo rivoltante, e che forse sto anche facendo in questo momento, ma mi direte voi alla fine.
Per chi non vive la bolla del giornalismo videoludico, sappia che ad un certo punto nasce una pagina/podcast/newsletter/nuovo sito chiamato Gameromancer. Si presenta come l’elemento di rottura, di denuncia, comincia a farlo facendo notare ipocrisie del settore con il tone of voice dei ragazzetti delle medie incazzati con la vita. Ci sta, il punk d’altronde ci serve come il pane e la rabbia è energia che va canalizzata, dice la mia terapeuta. La pagina azzecca qualche contenuto e viene supportata inizialmente da alcune delle voci del settore e di fatto iniziano ad occupare una sedia nel mondo che loro stessi criticano. Ci sta anche questo, d’altronde siamo fatt* di contraddizioni e non abbracciarle sarebbe stupido.
Ho il mio primo contatto con loro, o meglio dire con il frontman Pietro, quando decidono di sollevare quello che chiamerò l’IGN Italia Gate, in poche parole decidono di fare un podcast che chiameranno inchiesta senza che ne abbia le caratteristiche fondamentali insultando un po’ tutto e tutti. Di fronte a una forte critica sorretta anche da me stessa medesima, ritengono comunque di aver operato nel giusto, non si scusano per le cose non veritiere dette e continuano la loro strada. (clicca qui se vuoi leggere quasi tutto questo gossip).
Sorvolo sugli altri pochi momenti in cui la mia via si è incrociata con l’esistenza del progetto e di Pietro, tra cui anche quella volta in cui ha deciso di dire cose non veritiere su di me sul suo profilo personale, arriviamo al presente. Il presente è questa roba qua:
Nella scorsa puntata di anneddoti vi parlavo di Everyeye e di un problema nel giornalismo in generale - e dell’incapacità di professionalizzazione soprattutto del settore videoludico ed eccoci qui, dopo poche settimane, dopo aver accusato loro stessi Everyeye (ma non in pagina), a pubblicare questa immagine con un titolo totalmente clickbait (perché la loro newsletter non parla di quello, né Turetta lavora in Activision) per guadagnare un po’ di engagement e click. L’etichetta, inoltre, lo categorizza come contenuto “attivista”.
Da questa newsletter capirete che ovviamente sono di parte: non mi piace il progetto, non mi piace la persona che lo scrive, non mi piace il modus operandi, non mi piace il tone of voice e me ne sto ben lontana da questo circoletto.
Ma questa vuole essere una riflessione sul problema delle battaglie online. Come si combattono questi profili? C’è, effettivamente, qualcosa da combattere o semplicemente si aspetta che finisca tutto? Cosa si fa in questi casi? Se ne parla in pubblico o si commenta in silenzio?
Questo contenuto è dannoso, è sciacallaggio. Fa male al settore, fa male ai nostri feed. Le piattaforme ci offrono poche modalità per difenderci e quasi nessuna che difenda la collettività: nel primo caso c’è il tasto nascondi/blocca (come ha fatto la pagina con il mio profilo dopo che ho lasciato dei like di sostegno alle risposte di chi faceva loro notare in maniera civile l’errore) e nel secondo c’è il tasto segnala. Una sola segnalazione non fa nulla, quindi devi sperare di avere abbastanza contatti per tirare giù un contenuto, sempre che Facebook lo ritenga colpevole di aver violato le linee guida. Se lo commento aumento la sua visibilità, così come parlandone, linkandolo e tutto, perché usiamo giornalmente piattaforme che premiano i contenuti con più interazioni, non importa la natura di esse.
Dall’altra parte è anche vero che è solo il mio punto di vista, e alcune persone trovano Gameromancer un prodotto utile e piacevole da leggere, al netto degli scivoloni. E che in fondo, in un internet pieno di terrapiattist* e altre comunità fuori da ogni logica o etica e morale, cosa vuoi che rappresenti GR per il mondo?
E se rappresenta nulla, quindi, è giusto rimanere zitt*? Non dire la propria opinione? Non attaccare pubblicamente una realtà che è dannosa per il settore e che crede di essere diversa ma fa gli stessi sbagli?
Per questo è difficile fare le battaglie su internet. Troppe variabili, troppi fattori da considerare, troppo. Mi rendo conto che questo che sto scrivendo è un contenuto frustrato: sono stanca di leggere la gente che si definisce attivista quando in realtà sta facendo performance d’ego e nulla più; se questa newsletter fosse letta da chi davvero scende in piazza e ogni giorno si sbatte per lottare, davvero, per tutt* noi che rimaniamo il più delle volte alla comodità della nostra tastiera, riterrebbe doppiamente offensivo il contenuto di GR e la loro strategia comunicativa. Sono frustrata perché il web è pensato per le realtà come GR e non per i contenuti di qualità. Perché il Cerbero Podcast è estremamente tossico e dannoso, eppure ha uno spazio imponente, risuona con tantissima gente, e a me fa paura sapere che i miei vicini di casa abbiano il loro volto.
Quindi cosa si fa in questi casi, da utenti del web? Se ne parla. Perché i vari Signor Distruggere, Cerberi e Gameromancer hanno tutto il diritto di portare avanti i loro progetti editoriali, generare fatturato e andare avanti per la propria strada. Ma è anche giusto alzarsi e dire che qualcosa proprio non va.
Si utilizzano i propri strumenti a disposizione: defollow, messaggio privato, segnalazione, sensibilizzazione. Perché questo spazio online è reale, intangibile ma visibile nel nostro modo di parlare, in ciò che diciamo, anche nel modo in cui utilizziamo le cose, basti pensare al segno dello swipe, nato dalle UI. Perché serve, continuo a dirlo da anni e mai mi stancherò, non solo l’educazione digitale ma l’igiene digitale. E ci faremmo tutt* un grosso favore se iniziassimo a indicarci contenuti tossici, spazzatura e/o dannosi, perché avremmo un internet più pulito.
E, per chi ci lavora, non dovremmo vergognarci dell’intero settore.
Trenta minuti di applausi.
Non ho ormai speranza di fare un discorso con te che finisca con un "scusami, rifletterò su questo mio atteggiamento", ma scrivo per chiarire due cose a chi legge:
1 - questa è la mia newsletter, non ho spacciato questo contenuto come inchiesta, al contrario di ciò che avete fatto voi. Se vuoi fare comunicazione nella vita, falla bene.
2 - Non ho detto nessuna falsità su quanto pubblicato sui profili personali: hai più volte pubblicato screen dei miei commenti sul tuo profilo inventando robe sul mio conto non vere.
3 - Non do esposizione a qualcosa che non condivido, quindi no, non "ho la decenza di linkarlo".
4 - Non sono avvelenata per la questione IGN, IGN non è la mia azienda, la mia newsletter e i miei interventi in merito alla questione GR sono chiari: secondo la MIA personalissima OPINIONE non sapete fare comunicazione, questo progetto editoriale è figlio di una frustrazione che si risolve in terapia (e non sono ironica, la faccio anche io e non vomito sul web) e nelle volte in cui mi sono scagliata in pubblico contro i vostri contenuti l'ho fatto dicendo perché non andavano (vedi l'inchiesta e mò con il titolo su Turetta). Continuerò a dirlo. Per una, due, tre anni, fino a quando farai qualcosa che mi faccia cambiare opinione, succede così nella vita.
5 - Ovviamente, se avessi letto attentamente la newsletter, avresti letto che oltre a GR ho elencato delle personalità che fatturano.
6 - Mi fa ridere il fatto che mi fai il discorso su "lei non sa chi sono io" e poi alla fine mi fai la velata "minaccia" di diffamazione come i big. Voglio vederti andare dall'avvocato e dire: "scusami, hanno osato dire che fatturo!".