Vi scrivo l’intro di questa nuova newsletter seduta su un marciapiede in una delle viuzze accanto al Duomo; il sole è tiepido e c’è un bel venticello. Si sta bene e si respira. Sto ascoltando in lontananza qualcuno che suona la chitarra, osservo la gente dietro le loro mascherine e i loro passi, le loro azioni. Ci guardiamo di più negli occhi e meno nei telefoni, anche in metropolitana. Sento odore di dolci sfornati, ma basta spostare un po’ la testa in direzione opposta per ricordarmi del fritto, powered by Mc Donald’s. La vita fuori è diventata strana e mi fa riflettere su quanto siamo impreparati alle cose che sconvolgono la nostra routine. Ci siamo ritrovati in un limbo di “ok, non è l’apocalisse che vediamo nei film” e un “oddio non si capisce più nulla moriremo tutti”. Il risultato è un carnevale di gente tra lo spaventato e l’incosciente, tra il prudente e l’ignorante, tra bambini ignari e persone sperdute.
Sono qui seduta per ricordarmi che sono viva, una cosa che diamo per scontato quando respiriamo e paghiamo le tasse, ma io me l’ero scordata. Vi capita mai di sentirvi senza via d’uscita? È quello che mi è successo ultimamente, tra attacchi di panico, pianti sconsolati e realizzazioni mistiche senza l’ausilio di alcol o droga.
Sono seduta e ascolto la gente che passa e che parla, lascio che i miei sensi vivano questi momenti, di me in mezzo agli altri. E all’improvviso tutto mi è sembrato più leggero. Canticchiate con me la canzone omonima di Ligabue, vè? Adesso immaginatemi con i capelli scompigliati dal vento, la mascherina che copre il 90% della mia faccia e la scena che termina con un’inquadratura dall’alto, con il cielo, le nuvole e i piccioni di Milano.
Ciao, io sono Anna, la vostra sconosciuta dell’internet preferita (?), e voi state leggendo Anneddoti #16. Immaginatevi un jingle qualsiasi tra questo e quest’altro mentre leggete codeste righe inutili. Se questa newsletter è utile per voi e volete supportare leggenti che vivono di scrittura, potete condividere questo link dove volete (bagni degli Autogrill compresi) oppure lanciarmi dei soldi o darmeli di nascosto come le nonne il giorno di Pasqua.
Il Signor Distruggere fa schifo e se ridete ancora dei suoi post ve prego levatevi l’internet
Vorrei concludere così, con questo titolo e basta, tuttavia è giusto continuare per tutti quelli che non mi hanno incontrata nella loro vita e di conseguenza non mi hanno sentita urlare quando veniva menzionato il suddetto.
Su Internet noi ridiamo per un botto di roba ignorante: dal video della signora di Valguarnera Caropepe che l’italiano proprio non lo sa e sclera con i vicini, da Pasquale Pratticò a Maria di Trapani che cercano l’anima gemella e così ancora gente che crede che per rimanere incinte basta un bacio appassionato, persone che l’h del verbo avere non l’anno mai incontrata e così via con esempi ancor più imbarazzanti di questi. Non c’è nulla di male nel ridere bonariamente di tutto ciò. Quando diventa un problema? In realtà non voglio fare la moralizzatrice e dire che è tutto sbagliato a prescindere, però, come in tutto, occorre utilizzare il cervello ed essere consapevoli della dinamica dietro uno screenshot o un dato personaggio.
Il Signor Distruggere è una pagina creata da un ragazzo che, trovando comunità di mamme pancine, ossia donne ossessionate dalla maternità, madri, neo-madri e universo tutto, ha cominciato la sua opera di divulgazione trash entrando in questi gruppi (su Facebook), screenshottato i post più cringe, e postatoli in quella che diventerà una pagina che ad oggi conta un milione di followers.
Come tutte le cose che subiscono una crescita esponenziale in poco tempo, il ragazzo si è ritrovato a dover dare da mangiare sempre più spesso alla sua audience affamata di trash e al suo ego che cresceva ad ogni like ma soprattutto, ad ogni seguace assatanato che non aspettava altro che un nuovo post. Su internet trovate delle teorie con tanto di prove, che ad un certo punto si sia dovuto ritrovare ad inventarsi roba pur di intrattenere la sua folla, ma il punto non è questo.
Quando raggiungi il consenso di una fetta più o meno ampia di popolazione, hai costruito un pubblico.
Diventi una webstar.
Hai delle persone che pendono dalle tue labbra.
Diventi un influencer.
Quando tutto ciò diventa realtà, con questi numeri, quello che prima era un passatempo e uno screenshot fatto per far ridere tua madre e un paio di amici, diventa un lavoro.
Il Signor Distruggere è un brand, è un libro, lui si definisce anche “scrittore”.
Non è nemmeno questo il fulcro della questione. Perché ben vengano gli influencer o i divi del web che passano ore ad intrattenere il pubblico ed è giusto che ricevano compensi di ogni tipo. È un mestiere come un altro.
Il problema nasce quando l’ego supera la professionalità. Ma soprattutto, quando si guarda il quadro generale.
Vi ricordate la puntata di Black Mirror, Orso Bianco? (la mia preferita, tra l’altro); c’è questa tizia che corre, spaventata, tutti la inseguono fotografandola e lei non capisce un cazzo, poi il mistero viene svelato e tutto ricomincia da capo, in questa giostra degli orrori.
Quello che fa il Signor Distruggere è sfruttare l’ignoranza della gente per trarne profitto. Che, a casa mia, si chiama circonvenzione d’incapace. Voi direte: ma Anna, ma tutti possono smettere di essere ignoranti, basterebbe, piuttosto che scrivere post in cui mi preoccupo della mia pancia un po’ deforme, cercare su Google qualcosa che possa farmi smettere di essere ignorante.
Orbene, se fosse così facile sconfiggere l’ignoranza, credo sarebbe successo 30 anni fa, quando hanno inventato l’Internet. Non credete?
Il grosso problema che la nostra società incontra, ergo la nostra più grande sfida è evitare che il gap tra persone “intelligenti” e persone “ignoranti” diventi una voragine insanabile. Perché è proprio per questo gap che abbiamo governi populisti, è proprio per questo motivo che la cultura viene ogni giorno derisa. Per farci ascoltare non dobbiamo urlare più forte degli altri, né dobbiamo aspettarci che chiunque abbia accesso ad internet sia ad un passo dal diventare il prossimo Einstein. C’è tanto lavoro da fare e dobbiamo farlo noi, perlomeno evitando che quel gap aumenti, diventando irrecuperabile e dando inizio ad una distopia creata a immagine e somiglianza di una puntata di Ciao Darwin in loop dove il popolo è diviso tra eruditi e rincoglioniti dalla botta.
Un professionista della comunicazione via web sa qual è il confine tra ironia e derisione. Morale della favola, dobbiamo smetterla di prendere per il culo gli altri e smetterla di pensare che il web equivalga a stare al bar. Ognuno di noi è responsabile della propria fetta di pubblico. Oltre ai vostri dati, preoccupatevi anche di ciò che seminate nel futuro. Siate più consci di ciò che lasciate sui server.
E finitela di seguire sui social i bulli. Date il vostro supporto ai creatori di contenuti che danno valore davvero, quelli che fanno divulgazione, che fanno intrattenimento, quelli che fanno satira, quelli che sanno dire “ho sbagliato”, tipo.
*micdrop*
Linkini vari
• Ho scritto una poesia, in realtà la scrissi anni fa ma l’ho pubblicata solo adesso perché l’ho ritrovata tra le bozze. Parla di una start-up innovativa aggiusta cuori, un cerotto magico. Cer8.
• Da dove nascono le idee di uno scrittore? Neil Gaiman rivela la verità in questo bellissimo video.
• The Nostalgia Machine vi permette di inserire un anno e ascoltare la musica uscita in quel periodo.
• Nuovo gruppo Facebook da droga! Qui fingiamo tutti di essere anziani su FB. (Grazie ancora, Cristina)
• Live di Adrian Fartade sul lancio storico della Crew Dragon, il primo lancio di SpaceX con equipaggio (successo oggi).
Anche oggi, Anneddoti finisce qui. Giugno è il mese dedicato al Pride, quindi sfrutterò questo piccolo angolo per parlare della comunità lgbtq+, specialmente di quegli orientamenti sessuali sconosciuti, di lesbiche e di tutte le zone grigie dell’universo omosessuale, che – e non me ne vogliano i miei amiketti pazzeski – è molto altro oltre ai maschi gay.
Io vi auguro una buona domenica. Statemi bene. Jingle di chiusura.