Creator Economy, lurker e altre cose che non si mangiano
Ciao amicy, state leggendo anneddoti: la newsletter che parla di vita digitale e ciò che mi va di scrivere in un determinato momento. TLDR; in questa puntata parliamo della Creator Economy e del lurking, ossia vivere internet in modalità passiva.
Vi ringrazio per aver partecipato al sondaggio che vi ho inviato, è stato bellissimo leggervi. Vi abbraccerei :))
Anche internet ha le sue fasi: dal web 2.0 che lo ha trasformato da statico a dinamico - e che identificava più un cambiamento architettonico che comportamentale degli internauti - a quella che è la Creator Economy, che stiamo vivendo adesso. A differenza della prima, la Creator Economy nasce precedentemente agli strumenti veri e propri per la monetizzazione dei contenuti - e somiglia come fenomeno ai vecchi forum, combinato all’individualismo. Insomma, una volta andavamo sul forum delle serie tv per parlare di serie tv, oggi seguiamo Creator X che ne parla, e magari anche Creator Y perché boh, fa le recensioni in rima. La Creator Economy non è sostenibile (ma va?): solo lo 0,1% dei/delle/d* Content Creator guadagna abbastanza da viverci (ma non ho trovato dati più aggiornati di Wikipedia, quindi è un dato da prendere con le pinze), siamo davanti a persone che fanno i video nella loro cameretta in canottiera e all’improvviso si ritrovano un potere economico-sociale incredibile che non sanno gestire (non sempre per colpa loro) e lavorarci è abbastanza frustrante proprio perché, appunto, non sono persone professioniste. Alcune lo diventano, molte altre no. La Creator Economy ci costringe a vedere gente elemosinare follower, soldi e condivisioni, me compresa, ovviamente. Non riusciamo a fare qualcosa per hobby, sia per FOMO (Fear of Missing Out), sia perché le piattaforme sennò come guadagnano? E quindi Substack mi continua a dire a ogni invio: sei sicura che vuoi mandare la newsletter senza il bottone di iscrizione? E devi mettere la call to action all’inizio, in mezzo e mai alla fine, ché poi alla fine chi ci arriva mai. Vabbè insomma, cose che avete già letto. E poi c’è la gente che utilizza internet in modo passivo - il lurking.
L’atto di lurkare è vivere passivamente il web: leggere senza mettere mi piace, condividere e postare.
I lurker fruiscono regolarmente dei contenuti, ma non partecipano quasi mai alla vita delle comunità online e rappresentano non solo una fetta sostanziosa della popolazione di internet, ma un comportamento standardizzato dalle piattaforme - incredibile, visto che si chiamavano social network. Un esempio tangibile? Le storie, su tutto. Le storie sono il manifesto del lurking: tu vedi chi vede i tuoi contenuti e queste persone probabilmente non interagiscono mai con te. I social media non sono più social ma media, bla bla, l’ho scritto mille volte - e questa cosa significa che abbiamo smesso di parlarci e dialogare. D’altronde sotto i post c’è scritto “Commenta”, non “Rispondi”. Quando ci capita di pensare che le parole in fondo non sono poi così importanti, riflettiamo su questa sfumatura che cambia il nostro approccio al web. Ci siamo solo noi, che urliamo le nostre opinioni sul mare di internet, le recensioni dei luoghi instagrammabili e i video della skincare - per ottenere dei numeretti in più sotto il contenuto. Adam Mosseri, CEO di Instagram, ha detto che la crescita maggiore del social media è stata sulle funzioni di messaggistica privata. "If you look at how teens spend their time on Instagram, they spend more time in DMs than they do in stories, and they spend more time in stories than they do in feed".
Un web di estremi, che porta una grande fetta della popolazione dell’internet a silenziarsi e fruire di ciò che offre la rete senza far rumore.
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Grazie ad
perché ha ospitato la mia opinione su Lara Croft su Il PostSe lavori con i video non puoi non tenere questo sito tra i prefe