Non so quante volte ho iniziato questa newsletter dicendovi che qui, a Milano, piove. Cioè, piove sempre o piove solo quando scrivo le newsletter? Vabbè, comunque, siccome pioveva, ho detto no, la scrivo quando smette perché basta. Adesso il cielo è azzurro, gli uccellini cantano, il cane del vicino abbaia, le macchine sfrecciano in tutte le direzioni, come le opinioni di chiunque sull’internet in questi ultimi giorni.
Come stai? Hai cagato? Sì, non fa ridere e il meme è ormai vecchio. Ho visto anche io LOL qualche settimana fa e non mi ha fatto ridere. A proposito di risate, sai che se usate LOL non ironicamente sei già etichettat@ come vecchia piramide egizia? È diventato un reperto da museo, questo piccolo acronimo che ci ha accompagnato per anni, personalmente anche offline. Dico io allora, ma come ridono le nuove generazioni? Non si ride, si muore. Chi ride è fuori – letteralmente, amicy miei, almeno nell’internet dei giovani.
Ma torniamo alle nostre battaglie del web, dopo la sigla. E a proposito di Fedez, abbiamo avuto poco tempo per decidere quale storytelling appoggiare e condividere sui social in queste settimane. Tu quale battaglia di opinioni hai scelto?
Ciao persona che legge questa newsletter, io sono Anna, la tua sconosciuta dell’internet preferita. Qui vorrei che ti immaginassi una sigla, un jingle, la mia faccia con in sottofondo Fritto Misto del Gabibbo, che è sempre una delle mie colonne sonore preferite. Se questa letterina ti è stata inoltrata, vorrei darti una spiacevole notizia: non sei stat@ ammess@ ad Hogwarts e devi vivere in questa distopia andata male con noi. Also, sei finit@ in questa directory in cui senti parlare me ogni tot. di vita digitale e cultura lgbtq+. Che palle, vè? Puoi farti ancora più male seguendomi su Facebook, Instagram, dandomi i tuoi soldi o iscrivendoti al mio canale Telegram.
“Ma ormai non si può più dire niente” è un tema che avevo nel mio listone da un paio di mesi, ma siccome Pio e Amedeo (che, davvero, non avevo mai sentito nominare nella vita e non perché voglio fare l’alternativa e quindi non mi soffermerò sulla loro figura) hanno deciso di dire le parole proibite in prima serata ormai qualche settimana fa, mi sembra un buon momento per intavolare questa discussione insieme, soprattutto adesso che è passata la bufera e si sta cercando un’altra cosa sulla quale dare la propria opinione non richiesta.
Mi piace essere l’Internet Explorer della situazione, sì, anche perché durante i giorni in cui va in trend un determinato argomento sembriamo impossessat@ da un incantesimo (no, niente Hogwarts!) che altera la nostra percezione della realtà. Colpisce tutti: gli attivisti che devono correre a mettere le pezze alle voragini che il “villain” di turno decide di aprire, la controparte che io in questo caso ho identificato come “villain” che dice le cose con la leggerezza con la quale le direbbe al bar a degli amici di lunga data, i moderati che di solito si scagliano contro chi condanna determinate cose perché anche le altre persone devono essere moderate, mica solo loro; poi ci sono i fabbricanti di meme, che vedono la realtà in layers e li sovrappongono in un’immagine dalla qualità terribile, i nemici del “politically correct” che si scagliano contro gli attivisti anche a costo di vendere la propria famiglia a Mefisto e la gente che non capisce niente che sceglie una fazione in base al momento storico in cui si trova.
In un angolino, ci sono le persone che non fanno rumore e che vorrebbero intavolare un dialogo più complesso, che vada oltre il giusto/sbagliato, ma siccome sui social non è possibile perché partiamo già triggerati malissimo, rimangono, appunto, in silenzio.
Arrivare dopo e parlarne con più calma ci permette di riflettere davvero sulla situazione e valutarne tutte le sfumature.
Quindi vorrei dire, provocatoriamente ma non ironicamente, che capisco se a qualcuno sembra di non poter più dire nulla.
In questi giorni mi è capitato di giocare in multiplayer con persone che non conosco (per un pezzo che è uscito su IGN Italia, che parla proprio di linguaggio violento) e di sentire gli insulti che volavano tra player. Uno di questi era proprio una delle parole dette dai due comici in prima serata. Frocio.
La nostra cultura popolare ci ha tramandato il fatto che questa parola sia un insulto. Certo, pensavo ingenuamente che fosse rimasto agli anni novanta assieme ai discutibili ciondoli con i ciucci di resina, ma le mode tornano e a quanto pare anche gli epiteti che scegliamo per rendere frizzante una situazione.
Discutendo con gli individui che utilizzavano il termine contro compagni di squadra e/o avversari, è venuto fuori che non lo intendono come frocio nel senso di omosessuale, bensì come sinonimo di altro. Frocio ha subito la stessa sorte di troia, zoccola e puttana: vengono utilizzati per dire stronzo, stronza, cretina, stupido. Molto spesso, infatti, era piazzato lì senza quel senso, appunto: oh, hai sbagliato a mirare, sei proprio frocio.
Utilizzare però frocio e puttana alimenta due cose: l’omofobia e la cultura dello stupro.
Se si vogliono boicottare queste due cose, possiamo solo iniziare dall’educazione alle nuove generazioni e a mettere in discussione i nostri modi di dire, che abbiamo tramandato dal nostro ambiente circostante.
Sembra di non poter dire niente, però. È vero. Sembra che tutti inizino ad offendersi, quando prima “queste cose non esistevano”. Il punto è che prima la gente subiva in silenzio e basta, complice soprattutto l’isolamento dai propri simili, che fa sì che l’altra persona si adatti al suo contesto. Adesso qualsiasi cosa si dica, qualcuno si offende. E mica è colpa mia se si dice così, se diciamo puttana Eva, povera Eva. Se per indicare qualcosa di sgradevole diciamo “un’inculata”.
Una grossa fetta delle persone, io ci credo, con il suo “non si può dire niente” sta dicendo “non ho la più pallida idea di come non ferirti e ho paura di abbandonare tutto ciò che ho sempre creduto giusto”, ovviamente perché viviamo ancora la vita a braccetto col binomio giusto/sbagliato come bussola morale della nostra esistenza. I social network hanno permesso di fare rete, quindi anche la persona isolata ha avuto la possibilità di entrare in contatto con i suoi simili e coltivare i propri interessi. Si è cresciuti insieme e si raggiungono giorno dopo giorno consapevolezze diverse in comunità, tra cui i limiti del linguaggio o i suoi pericoli come nel caso delle parole “troia”, “puttana” e company (sì, non smetterò mai di dirlo).
Quindi mi direte, cosa elimineremo allora dal nostro vocabolario globale, il termine “inculata”? Oddio, come faremo?
Perché inculare e prenderla nel culo lo usiamo parecchio, ad esempio.
Sono tutte terminologie molto forti, se ci pensiamo, che indicano in maniera molto colorita una fregatura, una predominanza su un altro individuo.
Continuo a pensare a quante volte utilizziamo questi termini e a come lo facciamo, siccome le parole sono cose che utilizziamo ogni giorno per comunicarci (e spesso ci viene detto non abbiano importanza). Ci penso e continuo a chiedermi: “ma perché prenderla nel culo è così tanto un tabù?". Perché prenderla nel culo è essere fregati? Perché è sinonimo di passività?
Non scenderò in dettagli sessuali, però vorrei che riflettessimo tutti sul fatto che forse, prenderlo nel culo non è solo una cosa negativa. Non più, non oggi.
Eppure questa è l'unica connotazione che utilizziamo.
E utilizziamo "inculare" come se fosse una dominazione, un atto di violenza, un impossessarsi di qualcosa di proibito. Ma poi mi ricordo che siamo nel 2021 e boh, pensavo che ormai non ci fossero orifizi tabù ma solo questione di gusti di performance sessuali diversi. Cioè, è normale che il sesso anale venga ancora visto come grande shock del millennio?
Quindi davvero ancora pensiamo che essere gay (soprattutto passivi) sia un insulto? O che il fatto che piaccia il sesso anale sia visto come un qualcosa esclusivamente omosessuale, passivo, ergo debole? A me non sembra che il mondo stia andando verso la direzione in cui questi concetti valgono ancora o siano forti come quando sono stati partoriti. È il bello delle parole: assumono nuovi contenuti, pur facendo rimanere la "scatola" uguale.
È il bello di vivere nel futuro. Quello di poter fare startup. Parlare di blockchain applicata alle mozzarelle di bufala. E di innovare anche i vecchi significati delle parole e impadronircene, dar loro nuovi colori. Inventare nuovi insulti, perché no.
Ad esempio ormai i giovani abitanti di TikTok per dire la stessa cosa, hanno adottato una nuova terminologia. Non fare come Emily. Ecco, questo è un esempio di nuovo modo di dire. Un meme che diventa gergo italiano, pensate quanto è potente la rete, quanto potremmo fare.
Se non si può più dire nulla, anche “figlio di puttana” sarebbe da cancellare. Frase estremamente sessista, eppure sulla bocca di tutt@. E, ripeto, povera Eva, in fondo voleva solo mangiare la mela.
Quindi che si fa? Troveremo nuovi modi di dire. Semplice. Nuove espressioni colorite. Ci prenderemo in giro da soli e ne rideremo insieme, perché alla fine il punto è proprio questo.
Se io mi chiamo frocia da sola, assieme a te, maschio bianco etero, puoi ridere con me. Tu potrai chiamarmi frocia, se vorrai, se hai un buon rapporto con me, perché solitamente diamo il token battuta alla nostra cerchia di cari amici degni. L’altra sera ad esempio mi è capitato di giocare assieme a due amici, uno di loro l’ha chiamato “n. di merda” e il tizio continuava a fare autoironia sugli stereotipi attribuiti ai neri. Abbiamo riso insieme.
Tutti continueremo a prenderci in giro per le cose che la società ci fa pesare: essere brutti, essere belli, essere grassi e magri, pelati o capelloni, col pisello piccolo o con quello grosso.
Cosa rimane, allora, di quella terribile frase, “non si può dire niente”, che sembrava stesse per togliere il diritto di parola a ogni essere umano? Car@ miei, è solo una sensazione. Una paura, irrazionale, del cambiamento sociale e linguistico che fortunatamente sta prendendo piede. Significa che non potremo più ridere? Non prenderci più in giro, insultarci bonariamente? No, al contrario. Potremo farlo ridendo insieme e non deridendo. Tutto qui.
Grazie per essere venut@ al mio Ted T…ah, no, scusa, ho sbagliato palco. Grazie per aver letto fin qui. Ma davvero hai letto fin qui? Dai, non ci credo, secondo me ti sei addormentat@ prima. Se l’hai fatto, volevo dirti che sei in ritardo. Adesso corri, l’internet (non) ti aspetta per commentare l’Eurovision e/o l’ennesima polemica della settimana. Stammi bene.