Gli sche(r)mi insostenibili del web
Continuavo a ricevere notifiche da Substack, adesso che è diventato questo servizio con un sacco di opzioni e possibilità, e mi dicevo: dovrei scrivere. Anzi no: dovrei chiudere questa newsletter. La guardavo, nella sua tenera imperfezione, immobile e immutata, e mi sono ricordata quando tutto è iniziato. La pandemia, i mille lockdown, la post pandemia. L’altro giorno ho visto un post ironico che diceva che il 2019 è stato quasi cinque anni fa e ho assunto un’espressione cartoonesca, con gli occhi fuori dal mio corpo che, pulsanti, si avvicinavano allo schermo e ad accompagnare questo movimento c’era il suono di una sirena-trombetta qualcosa di simile. Ma come, cinque anni fa, ma cosa è successo!
Effettivamente è successo ciò che succede di solito alla vita. Scorre, e noi con lei. Nolenti o volenti. Tutta questa premessa per dirvi che il tempo passava e io non scrivevo, ero impegnata a sopravvivere. E mi sono chiesta in più fasi: ma che senso ha scrivere a voi? E me lo chiedo anche adesso. Mentre le parole prendono forma, i miei pensieri si diramano in mille possibilità: faccio finta di niente? Cambio format? Chiudo tutto e ricomincio? Quest’ultimo è sempre stato il mio modus operandi, non lo dico solo io, ma le valigie e il resoconto dei miei traslochi.
Allora oggi voglio sconfiggere la paura di riprendere un progetto lasciato in stand-by. Mi piacerebbe farvi un carosello dove vi dico cosa ho imparato da questi miei momenti, ma la realtà è che siamo pien delle storie di tutt, tra l’altro molte sono la fotocopia di tante altre; ci sta, non ho fiducia in qualsiasi essere o entità ci sia sopra di noi tanto da pensare che le sue doti di sceneggiatura siano così alte da aver creato 8 miliardi di storie originali. Siamo destinat a ripeterci, a incastrarci nei loop, ad essere archetipi, a ritrovarci nei 16 tipi di personalità e nelle carte astrali. È luna piena e mi è venuto il ciclo mestruale prima del solito. La vita scorre, così come il sangue. Offline e online. Ci troviamo davanti ad una guerra che non è solo fatta di bombe, ma anche di strumenti, quelli che utilizziamo giornalmente, che falliscono di fronte alle complessità e alle contraddizioni di noi esseri umani. Le informazioni (s)corrono, al ritmo di caroselli e reel di un minuto che cercano di semplificare centinaia di anni di conflitti. Lascia mi piace e condividi. Io non lo voglio fare più questo gioco. Né online, né offline.
Leggimi se ti va, sennò, disiscriviti qui. Vorrei ci fosse la possibilità di mettere un bottone gigante, in modo tale che sia semplice farlo. Ma non è semplice disattivare, né segnalare i contenuti. Né cancellare. È così semplice però mettere in giro voci che distruggono vite, che lo fanno senza che dopo ci sia la sigla col vetro rotto - quella di Black Mirror, e i Radiohead in sottofondo. Il silenzio, è quello che fatica a rimanere. Bisogna parlarne e parlare e parlarci sopra e parlarci contro, parlare di tutto e avere delle opinioni, possibilmente scritte su un bel template di Canva da scorrere mentre si corre sulle metro piene di rumore e silenzio e paura e frustrazione e caldo. O al bagno.
Non voglio giocare più. Dillo alla mamma, dillo all’avvocato, diceva un saggio. È stancante sfogliarsi e non parlarsi davvero. Sintetizzarsi e non spiegarsi davvero. Fotografarsi e non vedersi mai davvero. Ma l’alternativa, ancora, non c’è. Va aspettata. Va creata. Tanto tutto scorre, cantavano i Negramaro.
Intanto io sto qua, questa è casa mia. Letteralmente, ho anche cambiato casa e firmato un contratto d’affitto per la prima volta nella mia vita. Ma questa è un’altra storia.
Ho iniziato a scrivere anneddoti perché volevo raccontare il mio punto di vista, poi ho pensato di condividere le mie riflessioni sulla vita digitale, poi sulle cose LGBTQ+ perché altrimenti avrei dovuto farmi rappresentare solo da arcilesbica e quelle quattro persone queer che vengono invitate agli stessi eventi di sempre e volevo essere io a parlare per me stessa e la mia esperienza; adesso anneddoti continua a essere uno spazio di riflessione sulla vita digitale e siccome ne ho parlato per tanto tempo, voglio smettere di fare delle cose. Io non voglio credere che l’unico modo per far crescere dei canali sia ripetere sempre le stesse frasi. Non voglio dirvi che l’unico modo per far sì che un progetto cresca è condividendolo e parlandone. Non voglio interrompere un discorso con un “se non sei iscritt* fallo” e un bottone di colore diverso che distrae dalla lettura. Non voglio dirvi che per portare avanti alcune cose servono soldi e tempo. Credo che se siete qui a leggermi, voi sappiate e (credo?) condividiate che certe cose sono insostenibili.
Passiamo il tempo a chiudere i popup, accettare i banner dei cookies, disattivare l’ad-blocker, mandare avanti gli annunci, iscriverci alle newsletter per sconti, documenti gratuiti, a servizi che ti dicono che saranno gratis per sempre e poi non lo sono più, a quelli che non metteranno pubblicità e poi la mettono, a streamer che ringraziano 15 persone diverse mentre tu volevi solo sentire cosa stavano dicendo, a togliere i sound alert e a cliccare le pubblicità ben profilate… non voglio che questo continui ad essere l’unico percorso sostenibile per le realtà del web.
Non guadagnerò un cazzo e rimarremo 200 iscritti. Non importa. Ma una cosa voglio impararla, da questi tre anni di anneddoti, e la voglio mettere in pratica.
Proviamo a riflettere insieme, e se è possibile, uscire fuori da questi sche(r)mi ormai insostenibili.