Scrivere questa intro in maniera diversa è la mia maniera di rispettare il vostro tempo e la vostra lettura. Però sono sempre Anna e questa è sempre anneddoti, la mia newsletter che parla di vita digitale. Oggi il titolo è autoesplicativo e non insulterò la vostra intelligenza dicendovi di cosa parlerò. Voi potete supportarmi premendo i bottoni che vedete qui in giro, sono simpatici, vi salutano.
Sto ascoltando Tre volte lacrime dei Diaframma, partita in shuffle tra i miei preferiti di Spotify, e stavo cercando il .psd del mio curriculum. Non ricordo dove l’ho messo, non esiste un AirTag per i file? È forse nel mio hard disk - che raccoglie documenti e screenshot importanti dal 2009 - perché nulla più degli screenshot può salvarti in caso di emergenza. Mi rifiuto di collegarlo al mac: sono sicura di averlo messo in qualche servizio cloud. Quell’hard disk, miracolosamente ancora vivo, mi è stato regalato da un uomo con cui parlavo tantissimo in un forum. Commentavamo puntata dopo puntata della nostra serie preferita all’epoca e mi leggeva, tanto, ovunque. Voleva farmi un regalo, rifiutavo, categoricamente, ogni volta. Sapevo solo il suo nome, poco della sua vita - insomma, non era una situazione che Ragazza Moderna avrebbe approvato.
Nota per la giovinezza che mi legge: all’inizio degli anni duemila le riviste per ragazzine dispensavano consigli su come approcciarsi a internet e alle chat. Ovviamente sconsigliavano totalmente di dare qualsiasi dato reale - nemmeno il nome. Per questo motivo quando arrivò Facebook, la nostra reazione fu: OMG!1! Nome e cognome?!0!?
Vabbè, non so perché ma gli do il mio indirizzo. Mi sento in colpa, ieri come oggi, perché non sono abituata ai regali. Lui mi disse qualcosa tipo “devi accettare che la gente ti restituisca il bene che fai” e questa frase è rimasta con me per molto, perché non pensavo alla fine di fare qualcosa di straordinario, assieme a quell’ormai obsoleto ma funzionante disco rigido. Ho perso le tracce, sue e del file che sto cercando su Dropbox, ma dentro ci trovo delle foto e tra le tante, una mi colpisce particolarmente. Siamo io, mio fratello, una parente stretta che mi ha fatto outing in famiglia e un ragazzo e una ragazza con cui ho avuto dei flirt (in momenti diversi) che adesso stanno insieme.
E penso al fatto che ancora oggi sento i “ma i legami costruiti su internet non sono reali” o le bio su Tinder che recitano “ai nostri genitori diremo che ci siamo conosciuti a una mostra”. La vergogna e la declassificazione dei rapporti nati sulla rete. Le tipe/i tipi che scrivevano su Ragazza Moderna saranno fiere/i di ciò.
Però ecco, guardo quella foto che avevo stampato e che era tra i miei ricordi, e penso che gente che condivide parte del mio DNA mi ha fatto mobbing lavorativo, outing e ricatti; che quelle persone con cui ho condiviso momenti intimi, leggeri e profondi, hanno smesso di parlarmi dall’oggi al domani, dopo quattro anni di amicizia e rapporto quotidiano. E quindi ripenso all’hard disk, a quest’uomo che conoscendo solo le mie parole ha speso tempo e soldi per spedirmi qualcosa che mi accompagna tutt’oggi e che nonostante io non sappia nemmeno dove sia finito, ha lasciato il segno.
Ora ovviamente questo non vuole essere un racconto sintetizzabile in “i rapporti dal vivo fanno cacà, meglio il virtual”, ma trovo ingiusto considerare i rapporti con la gente sconosciuta del web dei legami di serie B. Hanno una dignità e una profondità nonostante spesso non si concretizzino nella vita offline, e spesso sono più autentici e fanno più bene di certe connessioni “dal vivo” che di vivo hanno poco.
Sto aggiornando il curriculum perché mi piacerebbe aprirmi a qualche collaborazione extra. Se ti piace quello che scrivo posso scrivere per te, se hai un’attività posso fare consulenza comunicativa e se non hai nulla di tutto questo ti posso cantà una canzone. Fammi sapere :)
Io ho conosciuto mia moglie e il mio testimone di nozze su internet. Se dicessi che ci siamo incontrati a una mostra non mi crederebbe nessuno.