Ciao internauta!
Benvenut@ nel #2 episodio di Anneddoti.
Come state? Com’è stata la vostra settimana? Fatemi sapere cosa avete combinato.
In questa newsletter: i 25 anni di PlayStation, un mio pippone esistenziale sull’espressione ‘lasciarsi andare’, il film di Chiara Ferragni, TikTok elimina video a caso, smettiamola di fare battute vecchie sui froci nuovi, due video trash e un pezzo da leggere.
Grazie, PlayStation
Now Playing: Demo 1 Underwater Theme
Avevo nove anni e mia nonna mi aveva chiesto, come faceva sempre per i grandi traguardi della vita, cosa avrei voluto come regalo per la mia prima comunione. “Voi un braccialeddu? Na cullanedda? Du’ para d’aricchini?” e io le dissi che volevo la PlayStation. A Prestesch, come la chiamava lei. Si lamentò un po’ della bizzarra richiesta assolutamente non conforme al gender nel lontano 1998, ma l’amore non conosce confini ed è quello che ricevetti. Mi ricordo che il mio desiderio nacque dall’aver visto un parente giocarci, in una di quelle occasioni tanto lontane come il Natale con ottocentocinquanta persone, tradizione che ormai a casa mia è scomparsa, assieme allo spirito natalizio che è sempre un po’ stato moribondo, in effetti, ma questa è un’altra storia. La mia PlayStation aveva un gioco, Spice World – perché il gender in qualche modo doveva palesarsi –, che abbandonai super-presto ma che mi permise di apprezzare i pezzi meno gettonati delle Spice (Who Do You Think You Are? è una perla del funk). Poi ne ebbe tanti, tantissimi altri, grazie alla modifica e alle bancarelle del mercato che vendevano CD a diecimila lire. Mio padre, uomo dallo shopping compulsivo, ne prendeva almeno uno al mese, totalmente a caso ed evitando accuratamente ogni suggerimento d’acquisto, lasciandosi ispirare dalle copertine e dal pensiero che a due figli piccoli forse era il caso di comprare robe tipo Topolino e non Metal Gear Solid. Mia madre giocava a Crash Team Racing con noi. Io e mio fratello ci siamo lasciati trasportare nel mondo di Final Fantasy VIII per almeno un anno, chiusi in quella storia, ognuno con i propri salvataggi, con i propri pensieri. Lui ha sempre sentito un legame speciale con Squall. E io avrei voluto tenere tra le braccia qualcuno come il bello e dannato protagonista fa con Rinoa. La PlayStation è stata un collante per noi, più della TV, un affare di famiglia che l’ha coinvolta tutta, dall’acquisto all’atto di giocare.
E quindi quando si parla di giochini a me viene sempre da sorridere, perché penso a tutti quelli che giornalmente si immergono nelle storie e piangono con i protagonisti, a quelli che si divertono, a chi gioca online con gli amici o chi ha fatto nuovi amici proprio giocando in multiplayer. Alle serate insieme o da soli a fraggare demoni. È sempre bello quando un oggetto diventa un mezzo per lasciarci esprimere ciò che abbiamo dentro. Ci fa fruire di una storia che diventa nostra e di tutti gli altri che la giocano. Ci fa riunire attorno ad esso, diventando un’occasione in più per connetterci.
Tanti auguri, PlayStation. Grazie di essere stata una foto nell’album di famiglia.
Lasciarsi Andare
Now Playing: Let it Go - James Bay
Quanto è bello dover sintetizzare i nostri pensieri in parole? Abbiamo fatto un bellissimo lavoro di decodifica del nostro mondo interno attraverso secoli di studi ed evoluzioni di suoni, lettere, grafie, consonanti, vocali, simboli, frasi, grammatiche. È una delle cose più affascinanti, se ci pensiamo: dover dare una direzione a quella matassa che sentiamo dentro e per comunicare con gli altri essa diventa suono, diventa scritto, qualcosa che più o meno è il risultato dei nostri pensieri. Anche frustrante, perché quasi sempre non ci riusciamo alla perfezione, lasciamo indietro qualcosa, non è perfettamente calzante. Ricordo, ai tempi del mio primo amore, che ti amo mi stava stretto, perché, appunto, le parole non sono solo nostre, ma evocano spesso un significato collettivo. Ti amo stava a dire “voglio averti mia”; “voglio stare con te per sempre”. I miei significati invece erano “voglio vederti felice” e “questo sentimento non muterà nel tempo, voglio che sia il tuo trampolino per vivere”. Perciò avevo inventato un mio modo di dirlo, di esprimere qualcosa che fosse mio, che non fosse usurato o carico di aspettative degli altri.
Tutto questo per dire semplicemente che a volte non riusciamo a sintetizzare i nostri pensieri in parole. E a volte si mette anche la lingua, ad essere un po’ ironica. Prendiamo per esempio l’espressione “lasciarsi andare”, che detta così significa una cosa e il suo opposto. Lasciati andare, liberati, in positivo. O ti sei lasciata andare, ti sei trasformata, con un’accezione negativa. Tra due persone, noi due ci siamo lasciati andare, non eravamo fatti per stare insieme. Oppure lasciati andare, fidati di me, stai tra le mie braccia. Un accento cambia tutto, così come dei soggetti sottintesi. Ma finché leggi solo lasciarsi andare non sai in che senso possa essere.
Ed è bellissimo questo paradosso di Schrödinger, perché forse è quello che più rappresenta i nostri pensieri, quella matassa informe che, appunto, non avendo una forma le ha tutte. Le ha entrambe. Finché non coniughiamo, finché non diamo una direzione, finché non apriamo la scatola.
Lasciati andare con me.
Mie opinioni sparse sulle cose dell’internet successe questa settimana delle quali non te ne frega un cazzo, però ecco ormai insomma sei già qui a leggere e vabbè facciamo questo sforzo
1 • Il film di Chiara Ferragni
Volevo scrivere qualcosa riguardo le sempreverdi polemiche sulla Ferragni, ma al mondo esiste Giulia Blasi, che dice le cose molto meglio di me. Cito un pezzo del suo articolo, che potete trovare qui.
“La società migliora con modelli come questo?” ci si domanda nei commenti al post di Federico. Chiara Ferragni non è un modello di essere umano, è una donna e un’imprenditrice: non ci si domanda mai se uno scrittore, un attore, un filosofo, un economista siano “modelli”. Sono gente che fa un lavoro, nel bene e nel male. Quello che fa Ferragni è un lavoro, produce reddito, dà lavoro ad altre persone. Non è un hobby, un passatempo o una velleità.
Chiara Ferragni è un’imprenditrice. Ci viene però sempre da domandarci come sia possibile, così carina e anche così ricca e famosa? Chissà a chi l’ha data è ormai un pensiero così automatico che scardinarlo sembra davvero impossibile. Però, ecco, vi invito a riflettere su questo punto: vi chiedete mai perché Elon Musk o Jeff Bezos o chiunque altro siano lì, a fare gli imprenditori e a farlo bene? È perché l’hanno dato a qualcuno? Perché sono belli? Perché chissà chi c’è alle loro spalle? Perché sono tutta un’operazione di marketing?
No, non è naturale pensare questo degli uomini. Ma sono pensieri del tutto normali se si parla del genere femminile che riesce in qualcosa e ha la *sfortuna* di essere anche considerata attraente.
Il cambiamento passa anche dal linguaggio e dalla vita di tutti i giorni: proviamo a sfruttare questa notizia per liberarci dei pensieri tossici sulla gente più ricca di noi e donna.
2 • TikTok elimina video di gente disabile, queer e sovrappeso
Come si combatte l’odio online? Non lo sappiamo ancora fare. TikTok, l’applicazione che i vostri figli/nipoti usano giornalmente e che voi non avete ancora capito cos’è, ha ammesso pubblicamente di aver eliminato i video di disabili, queer e creatori di contenuti considerati grassi per prevenire bullismo e hate speech.
Perché tutto ciò è una cazzata atomica, mi sembra chiaro.
Isabella Borrelli, ha scritto un paio di punti sull’argomento, qui.
Mi preme però sottolineare l’importanza del punto numero 4:
Nel caso venisse adottata una simile policy dovrebbe essere comunicata in maniera pubblica e chiara, così che gli utenti possano decidere in base ai propri desideri, aspirazioni e idee personali se utilizzare una piattaforma che censura la diversità.
Care piattaforme, volete fare questa scelta? Allora comunicatela nelle vostre policy. O forse non conviene poi tanto perché poi l’opinione pubblica si indigna e i fondi per la diversity chi li rivede più? Chissà.
3 • Cambiamo battute sul mondo lgbtq+?
Questo dialogo sarcastico su Facebook è un sacco bello. Dovrebbe far capire che anche basta ridere/fare battute sui trans, sulle saponette e l’abbassarsi, ecc.. Cioè, non che non si possano fare, per carità, però dico, siccome stiamo per cambiare decennio e la concezione di orientamento e gender si è evoluta, che ne diciamo di cambiare anche un po’ l’ironia? Non so, sento che potremmo fare un contest a riguardo. Se volete far pratica, sapete dove trovarmi.
Reading-watching-listening-cosing list
Oh, raga, davvero avete letto fino a qui? Sono davvero senza parole, nemmeno io ho riletto ‘sta roba. Fatevi degli applausi!